Ho aspettato a scrivere, per arrivare – si fa per dire – ad avere il sangue un po’ più freddo. Lo immaginerete, sto parlando dell’epilogo incandescente del G.P. d’Austria di F.1, che ha portato Max Verstappen (Red Bull-Honda) a superare Charles Leclerc (Ferrari) alla curva 3, per andare poi a vincere. Il motivo del contendere riguarda il modo: l’olandese entra in staccata molto deciso, e fin qui nulla da dire, poi però dà una ruotata alla Rossa, “accompagnando” verso l’esterno il rivale, senza lasciargli lo spazio per restare in pista e tentare di replicare. E qui, invece, c’è da discutere, eccome. Perché se il fatto fosse avvenuto dieci-vent’anni fa – senza scomodare il mitico duello tra Gilles Villeneuve e René Arnoux a Digione nel 1979 – ci sarebbe solo da gioire per lo spettacolo. Ma la F.1 di oggi è un altro mondo, in cui le penalità fioccano per un nonnulla, dove il benché minimo comportamento dei piloti viene passato al setaccio dalla tecnologia e la parola d’ordine dei commissari è tolleranza zero verso qualsiasi forma di aggressività, a discapito della competizione pura.

Sì, già, bene, ma se il credo è “integralista”, allora c’è qualcosa che non torna tra il rigore ferreo applicato al G.P. del Canada, in cui Sebastian Vettel (ancora Ferrari) è stato penalizzato e ha perso la corsa per via della manovra di rientro in pista, dove non ha neppure sfiorato il rivale Lewis Hamilton (Mercedes), e quanto è stato deciso ieri in Austria. Non c’è coerenza, come se il rigore fosse a “geometria variabile”, a seconda delle circostanze. Senza contare che, per ufficializzare la vittoria di Verstappen e, quindi, la classifica finale del G.P., ci sono volute quasi tre ore. Io avrei sorvolato su entrambe le situazioni, senza affibbiare penalità. E a voi piace la F.1 così? Siete per la linea dura o per lasciare un po’ più liberi i piloti di battersi (fatta salva la sicurezza, ci mancherebbe)?