Daniil Kvyat firma autografi durante il Thanks Day a Motegi

Fin da piccola ho girato i circuiti di tutta Italia e d’Europa per seguire le gare del Motomondiale, della Superbike e della Formula 1. Ho assistito a più di 40 Gran Premi e ho sempre amato i tifosi festanti e chiassosi che affollano i circuiti. Per me la gara di Monza è quella di casa e mi affascina ogni anno il pubblico che dagli spalti corre sotto l’Astronave (è questo il soprannome del podio, che non è inglobato nella struttura principale ma "sospeso" tra la pit lane e la griglia di partenza) per acclamare i vincitori del Gran Premio d’Italia.

I tifosi sotto il podio di Monza dopo il Gran Premio d'Italia 2019

Partendo per il Giappone per partecipare al Thanks Day di Honda a Motegi, una giornata che la Casa giapponese organizza ogni anno sul suo circuito per ringraziare i suoi fans per il supporto, mi aspettavo di trovarmi davanti a uno spettacolo simile a quello di Monza.
Invece mi sbagliavo, almeno in parte.
Non avevo fatto i conti, infatti, con la pacatezza dei giapponesi che, anche in un’occasione come questa, hanno dimostrato il loro affetto a tutti i piloti, ma senza mai alzare i toni o “pretendere” qualcosa, al contrario di quanto accade spesso da noi. Fuori dall’hotel di Motegi attendevano i propri idoli in rigoroso silenzio, in fila ordinata, e al loro arrivo si concedevano giusto un cenno della mano per attirare la loro attenzione. Sugli spalti difficilmente li ho visti sbracciarsi, eppure non risparmiavano applausi a nessuno. E quando il loro beniamino si avvicinava, e solo allora, osavano chiamarlo per chiedere un autografo (le richieste di selfie le ho contate sulle dita di due mani). Ma l’emozione che ho letto nei loro occhi una volta ottenuta una stretta di mano o, appunto, un autografo è stata enorme. Ho visto bambini impazzire di gioia per aver “dato il cinque” al pilota della MotoGP Cal Crutchlow e al suo team manager Lucio Cecchinello, tifosi emozionati nel vedere Daniil Kvyat e Jenson Button firmargli il cappellino. E ragazze talmente “innamorate” di David Coulthard da scoppiare in lacrime abbracciandosi dopo avergli stretto la mano e aver avuto il suo autografo. E quanti ringraziamenti a tutti i piloti per ogni sorriso, ogni parola e ogni firma, perché qui davvero nulla viene dato per scontato, nulla è ritenuto dovuto.

Una fan di David Coulthard mostra orgogliosa il suo autografo

E allora la domanda sorge spontanea: perché non può essere così anche da noi? Perché abbiamo perso quel senso di rispetto che in Giappone regna sovrano? E perché da noi il pubblico si permette di fischiare in modo indecente un pilota a podio solo perché non indossa la tuta del “giusto” colore (ogni riferimento a Hamilton sul podio di Monza è fortemente voluto)?
Il pubblico giapponese non sarà festante e chiassoso come quello europeo, ma la passione per il motorsport e il rispetto per tutti i suoi protagonisti nel Paese del Sol Levante sono davvero forti: dovremmo prendere esempio, perché nell’essere tifosi educati non c’è nulla di male.