Dunque è ufficiale. Il Salone di Ginevra è cancellato. Non si fa più. Causa coronavirus. L’annuncio è arrivato a soli tre giorni dall’inizio della manifestazione, mettendo fine a un periodo di grande incertezza per tutti, espositori e giornalisti di mezzo mondo. Diversi eventi sul suolo elvetico erano già stati cancellati negli ultimi giorni, dall’happening automobilistico Ice St. Moritz a Baselworld, la fiera dell’orologio che è, ovviamente, una manifestazione d’importanza capitale per l’industria manifatturiera svizzera. Sul Salone di Ginevra, invece, silenzio. Il che rende facile immaginare il braccio di ferro estenuante innescatosi tra gli organizzatori della fiera e il governo federale. Quest'ultimo preoccupato dalla comparsa del virus nel territorio della confederazione e dall’aumento dei contagi anche in Francia e in Germania, i primi decisi a difendere a ogni costo la manifestazione. Alla fine, a denti stretti, hanno dovuto cedere: “Non è una nostra responsabilità. Si tratta di una decisione del governo federale, che dobbiamo rispettare”, ha detto Maurice Turrettini, presidente della Fondazione che gestisce il Salone dell’auto. “Le conseguenze a livello finanziario per tutte le persone coinvolte”, hanno aggiunto in una nota gli organizzatori, “sono enormi e verranno valutate nelle prossime settimane”.

In gioco però non c’erano soltanto i soldi andati in fumo - un paio di milioni per l’organizzazione, decine di milioni per le case automobilistiche, centinaia per la città di Ginevra (il giro d’affari dell’indotto, alberghi, ristoranti negozi, atteso nel corso delle due settimane di apertura al pubblico). In gioco, e Turrettini lo sa bene, c’è ben altra posta: la sopravvivenza stessa del Salone.

La kermesse automobilistica sulle sponde del lago Lemano ha una tradizione consolidata. La prima edizione risale al 1905 ed è passata indenne da due guerre mondiali, crisi petrolifere e rivoluzioni socio-politiche e tecnologiche. Le interruzioni dovute a eventi esterni non ne hanno mai minato la continuità di fondo. L’ultimo stop è stato nella seconda metà degli anni 50 a seguito della crisi di Suez (1956). Dal 1960 in avanti Ginevra non ha più perduto un colpo. Nel 2005, con 747 mila presenze ha realizzato il record di visitatori. Quindi, perché tutta questa paura di saltare un’edizione? Perché la velocità con cui lo scenario dell’automotive sta cambiando in questi ultimi due anni non ha pari nel secolo e mezzo di storia che li ha preceduti. I Saloni tradizionali sono messi sempre più in discussione come strumento di comunicazione. Ben prima che esplodesse l’emergenza coronavirus, la kermesse ginevrina aveva registrato il più alto numero di defezioni della sua storia. sarebbero mancati, tanto per citare le assenze più eclatanti, Aston Martin, Ford, Jaguar Land Rover, Lamborghini, Mitsubishi, Nissan, Subaru, Volvo e i marchi del gruppo PSA tranne DS.

Ora che il Salone è saltato, i costruttori che avevano confermato la loro presenza gestiranno i lanci dei rispettivi modelli con modalità alternative, come live streaming dalle proprie sedi. Alla fine, il rischio è che si accorgano che, forse forse, il Salone fisico non è poi così indispensabile. E che l’anno prossimo, anche in considerazione del denaro gettato per questa edizione saltata, decidano di starsene a casa. Turrettini ne è consapevole. Il suo Salone, il più bello di tutti a giudizio unanime della stampa mondiale, è su un piano inclinato cosparso di sapone. Per questo ha cercato fino all’ultimo di negoziare e di resistere alla decisione – peraltro doverosa e inevitabile – delle autorità svizzere. Se il Salone di Ginevra dovesse davvero morire, non sarà un’altra vittima dell’influenza cinese. Il coronavirus, in questo quadro, è soltanto il sapone.

E voi cosa ne pensate? I Saloni, come li abbiamo visti sinora, sono morti? Oppure hanno ancora un senso?