In Italia ci sono 40 milioni i possessori di permesso di guida, ben più della metà dei patentati circola per strada ogni giorno eppure di loro non si occupa nessuno se non per mungere dei quattrini. L’auto è stata la grande assente nei programmi elettorali ed è lecito chiedersi perché questo mondo non si organizzi come fanno invece tante altre categorie.

È incredibile l’assenza di una massa elettorale che è superiore al numero dei votanti totali che scontano una grande astensione e che nel migliore dei casi arriverebbe ai 45 milioni, ma ancora più incredibile la miopia di chi non ne comprende la potenzialità. Nascono partiti che rivogliono la monarchia, i Gilet Arancioni, il Sacro Romano Impero Cattolico e Pacifista, il Partito della Follia Creativa, il Quarto Polo delle Piccole e Medie Imprese, il Movimento dei Poeti in Azione e vai di questo passo, ma niente che tuteli quelli che vanno in macchina.

Ci sarebbe l’Automobile Club d’Italia, ma non è un partito ed è anche un organismo troppo silente con chi siede in Parlamento perché per continuare ad esistere non si può legare a nessuno (leggasi anche che non si può mettere contro nessuno) e ci sarebbero pure le associazioni di categoria, l’UNRAE soprattutto che dovrebbe tutelare gli interessi dei costruttori esteri di auto che oggi sono praticamente la totalità nel nostro Paese visto che con Stellantis anche i marchi italiani dell’ex sfera Fiat sono confluiti in un Gruppo internazionale. Ma l’UNRAE non solo, ed è pure giusto, non può trasformarsi in un partito politico, però nemmeno si adopera per fare in modo che esponenti del mondo auto entrino in qualche modo in Parlamento (attraverso un po’ tutti i partiti dell’arco costituzionale) per difendere un mondo che supera in fatturato il 10% del Prodotto Interno Lordo e dà lavoro a oltre un milione di persone. Seduti nei seggi della Camera e del Senato ci sono giornalisti, medici, commercialisti, farmacisti, avvocati che si battono per gli interessi delle rispettive categorie, ma il mondo auto chi esprime?

Un tempo pensava a tutto la Fiat, faceva i suoi interessi e dettava le regole: non abbiamo diesel a listino? Mettiamo il superbollo alle vetture a gasolio. Un costruttore straniero vuol comperare un brand italiano? Impediamolo. Le cronache si sono infittite nei decenni di scelte governative a favore del Moloch nazionale, ma almeno c’era qualcuno che si faceva sentire. Adesso invece silenzio totale. Se si esclude la sola voce di Giorgetti contraria alla scelta miope di imporre a tutti i costi la solo transizione elettrica, nessun altro si è espresso. Soltanto qualche accenno in qua e in là per incoraggiare l’arrivo dell’auto alla spina come unica soluzione a tutti mali.

Troppo poco, a riprova della distanza che si accentua sempre di più tra i cittadini (si possono ignorare 40 milioni di patentati, con il possibile bacino di voti che potrebbero rappresentare?) e chi punta ad essere eletto. Peccato, perché nelle sedi che legiferano, qualcuno che ama l’auto e che ne capisce qualcosa, ci starebbe proprio bene.