Si parla molto in questi giorni di Elon Musk, il signor Tesla, che ha acquistato Twitter per 44 miliardi di dollari e che avrebbe appena licenziato 7500 dipendenti. Proviamo allora un gioco e vediamo quali case automobilistiche avrebbe potuto comperare spendendo anche molto meno. Ne leggerete delle belle.

Che Musk sia un genio non lo si può discutere certamente qui, è la sua storia che lo testimonia. Oggi con Tesla è arrivato a una capitalizzazione di 1000 miliardi, cinque volte più della Toyota, dodici volte più della Volkswagen, venti volte più di Stellantis, cento volte più di Renault.

Proviamo allora a vedere che cosa avrebbe potuto mettersi in casa in campo automobilistico con i soldi spesi per Twitter. L’elenco è ovviamente lunghissimo, ma limitiamoci a quelle più capitalizzate ma sotto la soglia dei 44 miliardi, dando per scontato che un conto è il valore e un altro è la disponibilità a vendere, che probabilmente non ci sarebbe. Però consideriamolo un divertissement e proviamo a divertirci.

Con nemmeno la metà poteva portarsi in casa la Volvo (che era stata regalata ai cinesi dalla Ford per appena 7 miliardi) oppure l’indiana Mahindra, entrambe sui 20 miliardi di dollari di capitalizzazione, oppure allo stesso livello la cinese Geely (che possiede anche la Lotus e la Proton) oppure la concorrente Changan che lavora con Mazda e Ford su progetti in collaborazione.  Poteva prendersi anche la Tata indiana (che in pancia ha anche Jaguar e Land Rover) ma con appena due miliardi in più anche la coreana Kia che tutti considerano in grandissima ascesa. Kia, si sa, è legata alla Hyundai che capitalizza di suo 28 miliardi. Questo significa che con poco più dei soldi messi per Twitter se le poteva portare in casa tutte e due.

Con 27 miliardi poteva acquistare la cinese SAIC che ha accordi commerciali con Volkswagen e General Motors e distribuisce queste marche in Cina, oppure la Lucid Motors che sta diventando il primo concorrente di Tesla nel mercato dell’elettrico di lusso. Questa poteva rivelarsi una sinergia fantastica oppure poteva significare l’uccisione nella culla del più temibile rivale sul mercato. Insomma poteva scegliere che cosa fare.

Ma con 33 miliardi poteva prendersi anche il grosso del mercato indiano portandosi in casa la Maruti-Suzuki considerando che quel mercato crescerà sicuramente, anche se con molta minore velocità di quello cinese per via di una rete stradale ancora insufficiente.

Saltando le altre grandi marche cinesi come la Li, la NIO e la Great Wall (tre aziende che macinano utili a raffica) poteva togliersi una voglia e arrivare anche, ma sì diciamolo pure, alla Ferrari che capitalizza 7 miliardi in meno di quello che è costato Twitter.  Ma poteva prendersi anche tutta Stellantis. E se poi voleva aggiungere qualche spicciolo, coi soldi spesi per Twitter poteva prendersi anche Honda oppure BMW.

Ma sì, abbiamo giocato perché al di là del valore delle singole marche serve anche la volontà di vendere e probabilmente nessuno gli avrebbe venduto niente. Quello che è certo è che licenziare 7500 dipendenti di Twitter in un mese è molto più facile che mettere a casa 7500 dipendenti  di Stellantis che non ha un social che può attaccare Twitter mentre Twitter ha il social per demolire Stellantis. Stentiamo a crederci ma l’industria automobilistica con la sua storia, i suoi stabilimenti, il ferro che mette su strada ha meno potere di un qualcosa che non esiste, se non sulla rete, ma di cui usufruiscono tutti anche senza avere la patente. Non sembra vero ma parrebbe così.